Domenica 12 maggio u.s., nella Chiesa di N.S.delle Vigne, si è celebrata una Santa Messa in occasione dei 100 anni dalla data di Don Giuseppe (Mario) Ivaldi, per molti “Don I”.
Il binomio “Chiesa delle Vigne-Don I” è inscindibile: lui e i suoi cari abitavano nelle immediate vicinanze e Don I rivestì il ruolo di Canonico proprio in questa Chiesa durante gli anni della seconda Guerra Mondiale e subito dopo.
E’ stata una cerimonia molto partecipata, sia dalla Comunità Parrocchiale che dai tanti “ragazzi di Monteleco” che erano presenti.
La prima lettura, dagli Atti degli Apostoli, recita: “«Non spetta a voi conoscere tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo potere, ma riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samarìa e fino ai confini della terra».
Detto questo, mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi. Essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava, quand’ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo».
Ecco, perché stiamo a guardare il cielo? Qui sulla terra abbiamo avuto la splendida occasione di essere letteralmente accompagnati da Don I (e Don Ga) nel nostro cammino, discretamente, senza imposizioni né coercizioni, affinché lo Spirito potesse agire in noi trovando ampio e libero spazio.
Sta a noi metterci in ascolto e agire fraternamente, come ci insegnava anche Don I.
Impossibile non ricordare Don I in occasione della cerimonia funebre celebrata per Don Ga: i suoi occhi erano sì lucidi, ma le sue parole così accorate e coinvolgenti da far venire i brividi, gli stessi provati domenica nel ricordare quello spilungone che tutto vedeva, tutto memorizzava ma che non si è mai dimenticato dell’incontro individuale.
Molti hanno volentieri acquistato il libro su Don I, il primo, ma sono certa che anche chi non ha potuto farlo troverebbe in quegli scritti un ricordo, una frase, una testimonianza che rimarranno impresse nel suo cuore, nella mente e nei segni che vorrà imprimere alla propria vita e a quella “dell’altro”. P.M.