Tornare alla sorgente

Il 17 feb­braio inizierà la quares­i­ma. Quar­an­ta giorni di cam­mi­no ver­so la Pasqua, un tem­po di grazia per tornare alla sor­gente del­la nos­tra vita di fede e rin­no­var­la, ri-sceglier­la: il battesimo. 

Ma cosa è il bat­tes­i­mo? È la scop­er­ta sen­sazionale di essere amati, di far parte del mis­tero del­la vita insieme a tut­ti i fratel­li, insieme al cos­mo, al cre­ato e sco­prire che il seg­re­to di tut­to questo è donare la vita, amare, las­cia­re che la vita tra­boc­chi da den­tro noi per trasfor­mar­si in dono per tut­ti. E ques­ta vita annun­ziar­la a tut­to il mon­do affinché ogni uomo e don­na pos­sa essere lib­er­a­ta dal­la schi­av­itù del sen­tir­si non ama­to e pri­vo di sen­so. E’ dire sì all’amore di Gesù. Ecco cosa è il battesimo.

Papa Francesco ci invi­ta molto spes­so a ritornare spir­i­tual­mente a quell’incontro con Gesù che ha cam­bi­a­to la nos­tra vita, a quel momen­to come a una sor­gente di grazia e amore inesauri­bile. Nat­u­ral­mente nel­la vita di cias­cuno di noi non ce ne è solo uno , ma alcu­ni, a volte tan­ti a volte pochi, che illu­mi­nano il cam­mi­no fat­to poi di tan­ta fat­i­ca, sete, stanchez­za, smar­ri­men­to, inde­ci­sione, pec­ca­to. Ri-andare alla sor­gente ci spinge a cam­minare con gioia ri-aprez­zan­do la sua compagnia.

In questi giorni sono tor­na­to a una di queste sor­gen­ti lim­pidis­sime gra­zie a un ami­co caris­si­mo appe­na sal­i­to in cielo: MAURO CROVETTO. Decisa­mente un per­son­ag­gione del quale non oso dire nul­la per­ché altri­men­ti sarebbe capace di venir­mi a tirare i pie­di nel let­to se par­lo bene di lui. Quante con­di­vi­sioni in questi ulti­mi 23 anni da quan­do sono a servizio del Movi­men­to Ragazzi, parole buone, di incor­ag­gia­men­to, “carezze”, coc­cole, sprone sem­pre a modo suo, con una sim­pa­tia e alle­gria grande. Dicen­do cose serie, tremen­da­mente serie tra il face­to e l’arringa. Era uno spet­ta­co­lo ogni incon­tro per non par­lare del tri­an­go­lo di prediche che mi sono sen­ti­to in questi anni, ognuno par­lan­do dell’altro tra, lui, Ennio e la Pinet­ta. Ognuno mi met­te­va in guardia dall’altro con quel sor­riso e quel­la arguzia che tra­duce­va “guar­dati bene dal dire mai una qual­si­asi cosa su mio fratello/sorella che l’unico tito­la­to sono io!!” Quan­to bene si vol­e­vano, alla gen­ovese, un modo che gli altri popoli scam­biano per chiusura, rudez­za, mugug­no ed è invece l’estrema tenerezza.

Ma non voglio par­larvi di questo. Voglio par­larvi del­la sor­gente. La sor­gente ha una data pre­cisa tra il 3 e il 7 agos­to 1983. Io ero sem­i­nar­ista, alcune scelte nel­la vita le ave­vo già prese dunque. In estate ero già sta­to a Mon­t­ele­co, turno indi­men­ti­ca­bile a capo del grup­po delle Nasche, tri­on­fo al Mundi­al­i­to, vinci­tore del tito­lo di capoc­an­non­iere. Alma, Rita e decine di nomi che ten­go nel diario. Gov­er­no con Elio, Fabio, Val­ter, Vitale (sem­pre rig­orosa­mente cita­to per cog­nome chissà per­ché), Puma (suo figlio è edu­ca­tore al nos­tro diurno lo sapete?) Era­no anni tosti. Le quote rosa nel gov­er­no non era­no anco­ra arrivate pare ma ricor­do parec­chie edu­ca­tri­ci tra le ragazze. Ciuf­fo vio­len­to, Rokets, Pas­sariel­lo, Gian­ni un ragaz­zo dis­abile, e mille altri che tan­ti di voi ricor­dano. Ave­vo poi pros­e­gui­to i miei giri estivi, ne veni­vo da una sca­la­ta al Blinde­north (3374 metri) guar­da un po’ con due cer­ti Don Mari­no e don Ange­lo… Ma invece che a casa mi fiondai anco­ra a Mon­t­ele­co. Don Ga e don I mi ave­vano chiesto se ave­vo qualche giorno libero. Avrebbe pen­sato il Sig­nore a coprire le litanie di mam­ma “sei sem­pre in giro etc etc”. Arrivai lassù e ci trovai una trenti­na all’incirca di ragazzi che tra un turno e l’altro non era­no potu­ti rien­trare a casa; o per­ché le comu­nità era­no chiuse o per­ché le assis­ten­ti ave­vano sup­pli­ca­to di ten­er­li su. Era­no sen­za nes­suno. Era­no soli con don Ga, Don I, le cuoche ed era­no rimasti a dare una mano MAURO CROVETTO E FRANCA, che pure lei ha un cog­nome PAVANEL. Per qualche giorno venne anche don Cal­abrese anco­ra sem­plice­mente Gian­fran­co. E basta!

Furono giorni che seg­narono la mia vita, furono i giorni che conob­bi Mau­ro e ricor­do anco­ra le risate che mi face­va fare rig­orosa­mente in gen­ovese, specie quan­do rac­con­ta­va del­la pare­si di quan­do non si trova­va la fac­cia e non sape­va come far­si la bar­ba. Ricor­do il suo stile di vol­er bene a questi ragazzi, con un enorme mis­eri­cor­dia e accoglien­za ma sem­pre con tan­ta uman­ità e alle­gria. E aggiun­go intel­li­gen­za, anal­isi, capac­ità di leg­gere e accogliere le situ­azioni, tipiche di chi dal­la “gavet­ta” per non dire povertà, ci veni­va. La fat­i­ca che facem­mo a tenere, a inter­es­sare quei ragazzi a qual­cosa che non fos­se una par­ti­ta di cal­cio o ascoltare del­la musi­ca!! Ma anche i lunghi dis­cor­si con loro che a volte si apri­vano e rac­con­ta­vano di vicende loro per­son­ali che per noi sem­bra­vano fan­ta­scien­za, rac­con­ti noir, cose da romanzi o da film spes­so tragi­ci o dell’horror; la loro con­fi­den­za dopo che ave­vi gio­ca­to a pal­lone insieme. Ne face­vano di ogni col­ore, persi­no insce­narono un sui­cidio di mas­sa beven­do …..del­lo sham­poo mis­to a bir­ra. Le lacrime per l’affettività delle ragazze, la sete enorme di affet­to che ave­vano tut­ti …. Gli abbrac­ci dopo un gol con Mas­si­m­il­iano Iaia….

Furono giorni duri, era­no tem­pi duri. Don I mi rac­con­ta­va la sto­ria di questi ragazzi e mi spie­ga­va che queste sto­rie dif­fi­cil­mente era­no inter­cettate da una par­roc­chia. Tralas­cio i mugug­ni (più sim­ili a invet­tive, in realtà) di don Ga sul fat­to di trovar­si da solo quel­la set­ti­mana a gestire i ragazzi “ma dunde poan ana questi fig­gieu?” ripete­va a chi gli dice­va che avrebbe dovu­to spedirli a casa sen­za tante sto­rie. Mi rimase impres­so un dis­cor­so fat­to non mi ricor­do bene a quale occa­sione in anfiteatro “avrei potu­to essere un prete eccel­lente, ma non mi inter­es­sa diventare un prete eccel­lente ”. Non nego che una deci­na d’anni dopo fos­se pos­si­bile che quel­la frase mi risuonasse anco­ra nelle orec­chie quan­do ritor­na­vo in aereo da Roma dove tut­ti i respon­s­abili del­la pas­torale gio­vanile ital­iana era­no riu­ni­ti intorno a un tavo­lo alla CEI a dis­cutere dei prezzi degli aerei per andare a Den­ver alla gior­na­ta mon­di­ale del­la gioven­tù stu­dian­do i cri­teri di come selezionare i posti disponi­bili. Quan­do fu chiaro che fare l’assistente dioce­sano di Azione Cat­toli­ca e il vice par­ro­co di per­ife­ria era­no due attiv­ità dai tem­pi inc­on­cil­i­a­bili, alla doman­da dei supe­ri­ori cosa sceglie­vo fra le due opzioni risposi che preferi­vo torn­armene a Strup­pa dai miei.

Ero sta­to di cer­to prepara­to dal turno stan­dard di luglio, ma quel­la set­ti­mana con Mau­ro fu deci­si­va e pre­si la irrev­o­ca­bile deci­sione che ovunque fos­si anda­to come prete non avrei mai abban­do­na­to i ragazzi di quel tipo che ave­vo avu­to in quel­la set­ti­mana a Mon­t­ele­co. A tut­ti i costi. Pri­ma loro!! I col­leghi dei con­sigli di classe dove ho inseg­na­to ne san­no qual­cosa. “Rosaria e gli Iaia, i 3 Pilu (Andreina Gavi­no e Romi­na), ciuf­fo vio­len­to, Val­ter, Enzo, Alan e Igor, Obelix e Jer­ry, Diego e Coco, Fabio e Rober­to, e i pic­ci­ni Ram­bo, Sal­va­tore, Car­lo e Fab­rizio ma al pri­mo Turno Piero e Mar­co Con­cas, i gemel­li Rober­to e Mas­si­mo, Rokets, Gan­di , Ange­lo, e altri anco­ra con rima­sug­li di grup­pi (Aren­zano e Rec­co) anco­ra prove­ni­en­ti dalle parrocchie.

La set­ti­mana dopo quei ragazzi appe­na dopo l’Assunta svali­gia­rono la cas­saforte e il Taber­na­co­lo di Mon­t­ele­co. Tornarono dopo alcu­ni giorni vesti­ti a fes­ta. La dro­ga miete­va vit­time con la sua falce in quegli anni. Don Ga li riac­colse e mi, ci, disse in una sua omelia “cosa ci face­va l’oro den­tro al Taber­na­co­lo? Che scioc­chi noi!! questi ragazzi ci han­no aper­to gli occhi!!”. Nat­u­ral­mente quell’oro, lo sap­pi­amo bene, non era seg­no di ric­chez­za ma medagli­ette e cate­nine dei ragazzi mor­ti gio­vani e pas­sati da Mon­t­ele­co. Ma tant’è…. Così era Don Ga.

Tor­nai a casa dal cam­po con 39,5 di feb­bre per la gioia di mia madre. Nel diario anno­ta­vo “Gra­zie Sig­nore, gra­zie per il cuore del Gas­pare che è pieno di te”.

Ecco per­ché mi mancherà MAURO. Per­ché ha con­di­vi­so con me uno dei momen­ti di grazia più inten­si del­la vita anche se anda­vo a dormire alle tre di notte e alle sette mi sveg­li­a­vo. Una sor­gente inesauri­bile che ha svolta­to la mia vita di prete, ma direi di uomo. E anche se non ricor­do bene le sue parole pre­cise ma il suc­co che Mau­ro mi ripete­va in gen­ovese era “Fuligg­gi (con tre g) quande te preve nu ascur­date de questi fig­gieu!”. Tran­quil­li non dico che era il mio diret­tore spir­i­tuale ma le sue parole dette da un papà, da un uomo che lavo­ra­va, cha ave­va una famiglia, ave­vano un peso for­tis­si­mo. Oggi Papa Francesco direbbe “l’unzione del popo­lo di Dio”. La gioia caro Mau­ro che le tue nipoti con­tin­u­ano il sen­tiero, cias­cu­na nelle sue com­pe­ten­ze a servizio dell’umanità e sem­pre nel sol­co di Monteleco.

Al pri­mo pos­to gli scar­tati. E la pietra scar­ta­ta dai costrut­tori è divenu­ta tes­ta­ta d’angolo MT 21,33. Per questo quan­do leg­go gli scrit­ti di Papa Francesco mi dico “questo ce l ha manda­to diret­ta­mente Don Ga….” E vedo il fac­cione del Gas­pare impazz­ire di gioia.

Ecco io sono tor­na­to alla sor­gente ora cari ami­ci toc­ca a voi: quan­do avete incon­tra­to Gesù? Per­ché a Pasqua si rin­no­va l’incontro: LUI E’ RISORTO, E’ VIVO!!

Buona Quares­i­ma!!!!!

Don Ful­ly